lunedì 20 marzo 2017

Identita Golose 2017a Milano.. Il viaggio. Ecco come lo interpretanochefs ed aziende. Il mio racconto.



Se il tema del Viaggio, inteso in maniera ampia come libertà di pensiero ed espressione, come veicolo di integrazione e spinta alla tolleranza trasversale, ha colorato le sale dell'ultima edizione di Identita Golose, conclusa da alcuni giorni, ed è stato il filo conduttore che ha influenzato gli interventi dei numerosi chefs che hanno calcato il palco delle varie sale e degli stands di alcuni espositori presenti all'evento, il mio personale approfondimento quest'anno è stato proiettato ai giovani, in un personale iter nella memoria di viaggi risalenti a qualche anno fa, spiccatamente intrisi per me di emozioni. Un programma come sempre incalzante che nel corso dei tre giorni di lavori congressuali ha toccato sezioni tematiche come Identità di Formaggio, Identità di Gelato, Identità Naturali, Identità di Champagne, Identità di Pasta, Identità di Montagna, Identità di Mare, Identità di Pizza e, oltre ai soliti noti Iginio Massari, Massimo Bottura, Carlo Cracco, Massimiliano Alajmo, Heinz Beck, Enrico Crippa, Niko Romito, Davide Oldani solo per citarne alcuni, chefs provenienti da ben 12 nazioni, un totale di 98 lezioni sui tre palchi del congresso e oltre 100 chef relatori.


In attesa di una finale di Masterchef caratterizzata da una età media dei finalisti davvero bassa, io ho voluto incontrare alcuni giovani chefs che a dispetto dell'età sono già nomi importanti nel panorama culinario italiano. Io, viaggiatrice golosa e curiosa, a volte mentalmente rigida nei miei assaggi e negli azzardi ai fornelli, ho cercato di leggere oltre gli interventi per comprendere la molla che spinge uno chef alla commistione di culture, ingredienti, sapori e metodi di cottura..

Ovviamente appena ho potuto ho cercato di assistere alle lezioni di chi ormai incrocio ogni anno perché lo trovo motivante e arricchente per il mio bagaglio culturale a tema food, ma non nascondo l'emozione provata nell' ascoltare i racconti di alcuni giovani chefs che ho scelto di intervistare. È proprio questo che vorrei raccontarvi, sperando si tratti di qualcosa che ancora non avete letto altrove. Chiacchierate interessanti e stimolanti, volte a cercare di capire non solo cosa si celi dietro la scelta di stare ai fornelli ma anche dietro la ricerca di combinazioni ardite di sapori e tecniche di cottura, insomma dietro a piatti stellati. Per poi arrivare a carpire la persona. Mi siedo a dialogare con Cristina Bowerman, attratta dal suo percorso che può apparire atipico, laureata in Puglia per metà sua terra natia, mezza Californiana che impara l'arte culinaria in Texas e sfonda a Roma.
Ho appena assistito alla sua lezione, che narra di cucina romana e texana sapientemente contaminate l'una con l'altra, di pane di mais che profuma di domeniche mattine, di mole messicano invecchiato e di una vaccinara dove inzuppare il pane. E ancora di una ciotola in ceramica creata appositamente per lei che accoglie un brodo di pollo e soba all'italiana..tutto da provare! Cristina si pone come giovane donna itinerante dalla Puglia con furore alla famiglia allargata che tanto ama in Texas, e riconosce l'amore tutto italiano per i piatti sovente criticati a stelle e strisce ma altresì tanto imitati nel belpaese che non manca mai di riproporre nei suoi piatti. Un volto giovane, un ciuffo di capelli fucsia, unico dettaglio ribelle in una personalita' che colpisce per il rigore metodico e la capacità organizzativa trasferita per osmosi dagli studi universitari di legge ai fornelli. Una donna che mi racconta con entusiasmo travolgente delle sue avventure a sfondo benefico come "Soffione Viola" e "FFK", Fiorano for Kids, di cui è una delle 10 fondatrici, insieme ad altri nomi legati al mondo del cibo o del vino e con figli, una associazione che sponsorizza e sostiene la ricerca all'ospedale Bambin Gesù finalizzata a risolvere neuropatologie infantili soprattutto l'epilessia, tramite diete ad hoc. Grazie a questa associazione le famiglie dei bambini che necessitano di una particolare dieta chetogena possono contare su personale specializzato, pagato appunto dalla FFK, che insegna loro a cucinare e a trattare tali patologie. Cristina racconta di questo impegno con gli occhi che le brillano, nonostante abbia in apertura un nuovo posticino a Roma dove mixare sapientemente i grandi numeri della pizza e di una cucina comunque di qualità. Insomma tanto altro da raccontarmi. 

Una corsa a seguire l'intervento sul palco di Martina Caruso e di suo fratello Luca che incantano con un preparazione a base di sgombro, pinoli, pane ai canditi, pomodorini, materie prime tanto semplici quanto sapientemente trattate per un prodotto finito da standing ovation. E mentre scorrono sullo sfondo del palco le immagini della sua amata isola natia, Salina, che mi ha rapito i sensi alcuni anni fa durante una vacanza di cui tuttora riesco a percepire i profumi e i sapori...luogo a tratti selvaggio e così difficile da raggiungere, così atipicamente proiettato tra licheni di montagna e neri assolati sassi vulcanici, dedali di viuzze dove pare sia sia fermato il tempo, scopro che ha imparato a cucinare per pura necessità..i genitori impegnati e una bimba classe 1988 davvero curiosa che ha poi deciso di studiare cucina a Cefalù e di intraprendere varie esperienze in cucine stellate, quella di Esposito in particolare le ha lasciato il segno.
Un papà geloso della sua cucina che ha però creduto il lei e le ha consegnato le chiavi del Signum di Salina, lasciando che lei si librasse in quegli stessi locali. Così, sperimentando nuove ricette per lo più per gli amici cari, segnandosi le idee che sopraggiungevano improvvise mentre ascoltava musica con le cuffie durante le innumerevoli ore di aliscafo dall'isola alla terraferma, mi confida che si', proprio come nei film, un giorno squilla il telefono che ti comunica l' ottenimento della tanto agognata stella Michelin. Un fratello a lei adorato che si occupa del ricevimento è un posto dove voglio assolutamente andare.

Una divagazione veloce nel mondo di Margherita, la pizza al vapore di Alajmo, ovviamente brevettata , realizzata con pochissimo o nullo lievito, il cui impasto cresce in volume in un forno a vapore grazie alla forza dell’acqua, che dona consistenza, vaporosità, leggerezza, digeribilità mediante la gelatinizzazione degli amidi...pazzesco.

Mi lascio quindi incantare dalla cucina incredibilmente non etichettabile di Paul, eclettico chef francese volato a Shangai dove conduce due ristoranti, uno a matrice appunto francese e uno sperimentale ed estremo, l' Ultraviolet di cui racconta. Al suo esordio al Congresso e alla sua prima volta a Milano, ha portato tre piatti del suo ristorante dove mixa ingredienti inusuali e tecnologie estreme così da coinvolgere il cliente a tutto tondo in un visionario viaggio multisensoriale francamente unico, con lui alla regia e musiche, immagini, profumi che richiamano quanto si sta assaggiando..nella foto (proprietà IG) il suo picnic di pesce: il "Black Code Tupperware", servito proprio come in un pranzo a portar via in famiglia, con tanto di cestino in vimini.

Mi sposto col teletrasporto sulla costiera amalfitana, in un angolo di paradiso protetto, tra il mare azzurro e le scogliere, e colline dove la famiglia Iaccarino, che fondo' la sua cucina nel lontano 1890, produce gran parte delle materie prime che affollano le cucine del ristorante Don Alfonso..dove andai quando ancora era gestito dai genitori di Ernesto e dove ora lui, all'epoca studente all Bocconi, impegnato successivamente sui bilanci e la revisione ma con il pensiero sempre rivolto alla cucina dove intanto lavorava il fratello Mario, oggi cucina insieme alla moglie.
Lui oggi è anche presidente dei Jeunes Restaurateurs d'Europe, giovani chefs imprenditori ovvero proprietari dei ristoranti ove lavorano, che diffondono la cucina mediterranea di alto livello e condividono una carta dei valori nel rispetto delle identita regionali, nella consapevolezza che noi siamo ciò che mangiamo ma anche che il mondo del food sia un business dell' intrattenimento che va coltivato magari con collaborazioni proficue con altre aziende. Se mangiare bene e' una esigenza ecco che la famiglia Iaccarino ha deciso di estendere la propria presenza all'estero, con varie aperture tipo in Nuova Zelanda insieme a un grosso partner locale, a Macao, Marrackech...per portare la cucina italiana nel mondo in maniera seria, ovvero sempre in ottica di progetto sartoriale. Così influenzatida Israele al Medioriente al Mediterraneo spaziano i piatti da lui proposti, ma sempre ricordando la sua italianità nella esecuzione, in primis uno spaghetto con salsa tonnata, un mix di pane tostato, pinoli e cipolle, e sgombro fatto carpionare, per concludere con un dumpling mediterraneo non ancora in carta, creato con materie prime tutte italiane ( compresa la carruba) che però si concretizzano in sapori che sanno di paesi lontani, con croccante alla curcuma, gelato di fagioli profumato di zenzero, cipolle marinate e cotte a bassa temperatura, una salsa agrodolce.

Naturalmente Identità Golose e' molto altro..un crocevia di incontri e saluti, una chiacchierata con aziende che ti presentano i loro prodotti. Mi riferisco ad Alce Nero e ai numerosi assaggi rigorosamente bio che ti accolgono all'ingresso, a Petra Molino Quaglia e alle sue farine macinate a pietra che danno vita a fragranti pagnotte, focacce e panini farciti in chiave gourmet, brasato e burrata il mio preferito, presentati da Francesca Barberini nell'evento itinerante Bread Religion, agli assaggi di pasta ideati da chefs stellati che ti fanno viaggiare con i sapori di tutto il mondo grazie al corner Felicetti.


Bottiglie di acqua San Pellegrino fresca per un attimo di tregua dai calici di vino selezionati nell'area Merano Wine award, un Tripudium Cantine Pellegrino e bollicine de Il Calepino oltre all'ottimo Rose' Berlucchi per me.
Da Agrimontana il viaggio dalla natura alla pasticceria e ai sapori salati e' interpretato da Diego Crosara che crea oltre gli schemi tradizionali, con un gelato diverso..in cucina l'abbinamento del pensiero e di prodotti di qualità ti permettono di giocare all'infinito..e' viaggio anche questo. Nella foto anche albicocche e pere candite, zenzero ed amarene che si prestano a mille accostamenti.
Un saluto e un cannolo farcito allo zafferano oltre a tante prelibatezze interpretate da altrettanti chefs presso Zafferano Ellenico, di cui vi ho già raccontato in un altro mio articolo, che mi presenta un packaging innovativo e di impatto per la bottarga Trikalinos e le uova di Psyche.
Due forchettate di pasta trafilata del Pastificio Dei Campi, che ancora viene realizzata come un tempo, solo con grano pugliese, IGP, senza pesticidi ed ha una resa davvero di livello super, soprattutto cucinata come me la propongono, con moscardini, crema di patate ed alghe soffiate.
Lo chef Giacomello interpreta l'olio Coppini rigorosamente prodotto in Sicilia, Puglia ed Abruzzo, emulsionato con balsamico per esaltare mezze maniche di brodo di prosciutto gelificate e condite con salsa di ostriche
e proprio di fronte a loro Francesca, ex food blogger alla ricerca di spezie perdute ed introvabili, mi trascina in un arcobaleno di vasetti colorati e bustine di fiori eduli perfetti per esaltare sapori, aromi e presentazioni di piatti: Tutte le Spezie del mondo e' un viaggio affascinante tra decine di profumi e paesi lontani, lungo la via della seta ed oltre, la' ove una minima differenza nella coltivazione di una qualità di pepe Cambogiano può originare grani grossi dall'aroma intenso..
A fianco le ceramiche colorate, gli Orci, contenitori in ceramica dell’antica tradizione vascolare pugliese rivisitati in chiave moderna, pennellate di artigiano vere opere d'arte pugliesi contengono un olio di oliva extravergine monocultivar profumatissimo che da ben 5 generazioni viene prodotto appunto in Puglia.
Chiudo in bellezza con l'assaggio dei liquori Giardini d'Amore, provenienti dalla amata Sicilia, vicino Taormina. Catturano in primis per il packaging così stiloso e di classe che il primo pensiero è che si tratti di boccette di profumo n5.. Non sono da indossare ma da gustare in verità. Uno dei soci di questa piccola azienda recentemente rilevata dal precedente proprietario e' proprio un produttore agricolo che fornisce gran parte dei preziosi ingredienti che, sulla scia di antiche ricette esaltate da tali materie prime, rendono il prodotto finito così differente. Così, andando oltre il packaging che comunque mi ha colpita, assaggi le mandorle di Avola, i pistacchi di Bronte, i fichi d'India che crescono numerosi in questa terra, i limoni profumati che vengono mescolati a cedro e ad arancia amara, alla liquirizia calabrese, tutti prodotti rigorosamente ed orgogliosamente italiani tranne la cannella, pazientemente lavorati a mano per non romperne la molecola degli oli essenziali, insieme a zucchero di canna sino ad ottenere questi liquori da collezionare davvero nella mia vetrinetta antica..grazie..
Arrivederci al prossimo anno

www.identitagolose.it
www.alcenero.it
www.agrimontana.it
www.frantoiomuraglia.it
www.giardinidamore.it
www.pastificiodeicampi.it
www.zafferanoellenico.it
www.tuttelespeziedelmondo.it


Nessun commento:

Posta un commento